KPMG: “Per rispettare l’ambiente bisogna riformulare l’idea di profitto” – la Repubblica

KPMG: “Per rispettare l’ambiente bisogna riformulare l’idea di profitto” – la Repubblica

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Le aziende italiane, in particolare quelle di grandi dimensioni, sono sempre più consapevoli della necessità di abbracciare il cambiamento. E in prima linea ci sono le aziende dell’energy, che nel nostro paese stanno guidando il processo di transizione energetica, con un forte impegno nei confronti delle sfide legate al cambiamento climatico e del raggiungimento del cosiddetto target Net Zero".

PierMario Barzaghi è partner responsabile sui temi sociali, etici ed ambientali per KPMG, realtà presente in 143 paesi del mondo, con 273mila professionisti, attiva a livello globale nei servizi professionali alle imprese. Membro del comitato degli esperti a supporto dell’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) per fornire consulenza tecnica sugli standard di rendicontazione di sostenibilità a livello di Unione Europea, è docente di corsi di formazione in materia di sostenibilità, presso alcune università: Cattolica del Sacro Cuore, SDA Bocconi, Università Tor Vergata di Roma, Università LIUC di Castellanza). La sua è, dunque, una visione a 360 gradi.

Il cambiamento legato a Environmental, Social, Governance (ESG) abbraccia anche le piccole e medie imprese?
"Anche le piccole e medie imprese hanno ormai intrapreso diversi percorsi di cambiamento, ma è proprio nei loro confronti che si devono concentrare i nostri sforzi maggiori e qui giocano un ruolo fondamentale la finanza e la regolamentazione. La normativa europea, infatti, ha imposto vincoli e obiettivi. Poi, certo, l’Europa deve anche spingere sul tema di coniugare la nuova sensibilità con l’innovazione immaginando nuove linee di ricavo e di redditività provenienti da prodotti sostenibili".

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Le logiche green sono ancora poco sostenibili economicamente?

"Lo sono solo se percepite come un compartimento a sé. Ogni approccio sistemico, viceversa, tende a evidenziarne le opportunità correlate e la crescita di competitività che trasferiscono direttamente e indirettamente all’impresa, anche in termini di attrattività di nuovi talenti. Inoltre, c’è un importante ritorno reputazionale, al netto naturalmente delle operazioni di mero greenwashing, che le logiche di monitoraggio rendono oggi per fortuna sempre meno percorribili".

Quali sono le principali novità in termini di regolamentazione?

"Oggi abbiamo due grandi piattaforme normative: la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD). Culturalmente il passaggio è quello di adottare questi schemi e interiorizzarli in modo tale che diventino un elemento trasformativo. La CSRD prevede che il bilancio di sostenibilità sia inserito nella Relazione sulla gestione, mentre la CSDDD – appena approvata a livello Ue – obbligherà le organizzazioni a controllare, gestire e minimizzare il loro impatto negativo sull’ambiente e sui diritti umani. Si tratta di un cambio di paradigma profondo, soprattutto per le grandi aziende, che si troveranno a dover gestire in ottica sostenibile l’intera catena del valore. Bisogna, certo, superare una certa preoccupazione per la presunta over regulation, anche grazie a un impegno sempre più costante dell’Unione europea in termini di semplificazione. Per trovare un equilibrio, può essere utile allargare lo sguardo all’America ed all’Asia, che sembrano avere meno preoccupazioni regolamentari su questi temi".

Quali sono le principali sfide per la governance?

"Anzitutto, avere una chiara visione strategica di dove si è e di dove si vuole andare. Quindi, integrare la sostenibilità in tutti i processi aziendali, riducendo al minimo i livelli di entropia. Infine, prestare sempre più attenzione alla componente S dell’acronimo ESG, cioè all’impatto sociale e ai nuovi trend, come quello sui diritti. Oggi l’impresa deve ragionare nell’ottica del valore creato per gli stakeholder e di visione per il futuro, interrogandosi dunque sull’eredità che vogliamo lasciare alle giovani generazioni. E, soprattutto, ripensando l’idea tradizionale di ‘valore’ e di ‘profitto’".

Le aziende ascoltano realmente le necessità delle nuove generazioni?

"Devono farlo, è in atto un cambiamento di mentalità: il green e il rispetto dell’ambiente ormai costituiscono lo standard di riferimento. La sfida passa dalla capacità di ripensare modelli di business, prodotti e servizi e fare innovazione tenendo conto di questi aspetti".

E sulla formazione, l’Italia quanto è a suo giudizio competitiva?

"Occorre ancora uno sforzo notevole per risolvere un gap legato al ritardo della formazione in ambito accademico. Le imprese devono investire massicciamente in formazione per portare la cultura ESG a tutti i livelli, attraverso un training interno all’impresa, ma non possiamo che essere ragionevolmente ottimisti".

June 26, 2024 at 05:17PM

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