Il nostro armadio cambierà il mondo: cos’è la moda sostenibile? – Heraldo

Il nostro armadio cambierà il mondo: cos’è la moda sostenibile? – Heraldo

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Vi siete mai chiesti che cosa c’è nel vostro armadio? Non è una domanda finalizzata a sapere che tipo di abiti possedete ma piuttosto che mondo quegli abiti concorrono a creare. La domanda corretta sarebbe quindi “Che mondo c’è nel vostro armadio?”.

Negli ultimi anni si sta prendendo sempre più coscienza dell’impatto che il settore della moda ha sull’ambiente. La ricerca di costi di produzione sempre più bassi, spesso coadiuvata dal mancato rispetto dei diritti dei lavoratori; l’utilizzo di materiali sintetici che non riciclabili che inquinano oceani e falde acquifere e la martellante campagna pubblicitaria che spinge all’acquisto compulsivo di capi d’abbigliamento e conseguente smaltimento rapido: sono tutti fattori che concorrono a definire la fast-fashion.

Senza affondare il dito in queste piaghe vi basti un dato generale: secondo il rapporto “Fashion on Climate. How the fashion industry can urgently act to reduce its greenhouse gas emissions” di McKinsey, il settore moda immette nell’atmosfera 2,1 miliardi di tonnellate di CO2 l’anno, il 4% delle emissioni globali complessive, contribuendo in maniera determinante al surriscaldamento del nostro pianeta.

La produzione sfrenata segue proprio questo trend che invoglia le persone a sostituire con frequenza i propri vestiti, anche se poco (o mai) utilizzati. Stando all’indagine di Greenpeace del marzo 2024, nella sola Unione Europea ogni anno vengono buttati via 12 chili di abiti per persona (5 milioni di tonnellate complessive) e l’80% di questi viene bruciato o inviato in discarica.

In un altro rapporto – “Moda in viaggio. Il costo nascosto dei resi online: i mille giri del fast-fashion che inquina il pianeta”. – Greenpeace ha evidenziato come i prodotti acquistati online quando vengono resi, nella maggior parte dei casi non per difetti produttivi ma per capriccio, nel 58% dei casi non vengono rivenduti e il trasporto – in media la distanza coperta da un abito ordinato e poi reso è di 4.502 km – genera 2,78 kg di CO2 equivalente.

Tutto questo si sta rivelando un boomerang per la stessa industria della moda perché i disastri ambientali che colpiscono le aree in cui hanno sede le fabbriche dei brand (principalmente Sud-est asiatico e Stati Uniti) – frutto dal cambiamento climatico alimentato dalle emissioni di CO2 dello stesso settore moda – potrebbero causare per le aziende 65 miliardi di dollari perdite entro il 2030, secondo il rapporto 2024 di The Business of Fashion.

Foto da Unsplash di Hannah Morgan

Diverse sono le opere che hanno squarciato il velo su questo sistema produttivo dannoso per l’ambiente e le persone. Da docu-serie come “Junk: armadi pieni” dell’imprenditore, docente ed attivista Matteo Ward e prodotto da Will Media e Sky Italia a, varcando i confini nazionali, il libro dell’avvocatessa, imprenditrice e attivista Maxine BédatIl lato oscuro della moda“, che seguendo il processo produttivo di un jeans denuncia le storture del sistema dal Texas allo Sri Lanka.

Il perno sul quale ruota principalmente il concetto di moda sostenibile è quello del benessere. Il termine “moda sostenibile” è infatti spesso associato a quello di “società 5.0”, dove i valori capitalistici cedono il passo all’attenzione verso il benessere psico-fisico del singolo individuo, passando anche da una maggiore innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale.

Una moda sostenibile è più rispettosa dell’ambiente, per l’utilizzo di fibre naturali e non sintetiche; delle persone, garantendo salari dignitosi e condizioni di lavoro idonee per i lavoratori del settore e soprattutto, contrariamente a quello che si può pensare, economicamente virtuosa.

La ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e processi produttivi rende il comparto della moda sostenibile estremamente interessante per gli investitori. Un rapporto di PWC Italia ha stimato il valore del mercato della moda sostenibile su scala globale: nel 2022 ammontava a 5,2 miliardi di euro, nel 2023 è salito a 6,8 miliardi e si stima che entro il 2030 tale valore raddoppierà fino a 12,5 miliardi.

Foto da Unsplash di Clem Onojeghuo

A questa crescita contribuiranno direttamente i consumatori, che privilegiando acquisti più consapevoli alla fast-fashion spingeranno l’industria della moda a trasformarsi, seguendo il meccanismo di domanda e offerta. Un rapporto del 2023 di Bain & Company e WWF Italia indicava che solo il 15% delle persone compra tenendo conto dell’impatto ambientale del prodotto acquistato.

Il cambiamento passa quindi anche dall’informazione e dalla divulgazione sul tema, portata avanti anche da fondazioni dedicate come Fashion Revolution, nata sulla scia di indignazione che seguì la tragedia di Rana Plaza (Bangladesh) il 24 aprile 2013, quando l’edificio omonimo, che ospitava fabbriche di abbigliamento, crollò provocando 1.134 vittime. Al suo interno lavoravano migliaia di persone in condizioni disumane: producevano capi di abbigliamento per brand occidentali come Mango, Benetton e Primark.

La moda sostenibile al centro della puntata di “In bolla”

Dei principi e dei processi produttivi sui cui si basa un brand che si propone sul mercato come sostenibile si parla nell’ultima puntata di “In bolla”, il podcast realizzato dai giovani di PAO Media che per parlare del tema hanno intervistato Gloria Barana.

Stilista ed imprenditrice, Gloria Barana è la fondatrice del brand di moda sostenibile Filotimo, un progetto nato nel 2015 dopo diversi esperimenti presso mercatini e fiere in cui Gloria portava i suoi primi abiti.

Tutti i vestiti realizzati da Filotimo sono realizzati con fibre naturali – in maggior parte lana ma anche ortica, canapa, fibra di soia e cotone biologico, quest’ultimo impiegato solo per i denim – e prodotti dalla sartoria sociale Cooperativa Santa Maddalena di Canossa Onlus di Parona.

Per scoprire la storia del brand di Gloria Barana e di come applica i principi di moda sostenibile, vi rimandiamo all’intervista contenuta nell’ultima puntata di “In bolla”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

June 27, 2024 at 05:30PM

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