«Potenziare l’agroindustria detassando le imprese della filiera. E occhio all’eco-sostenibilità» – Corriere della Sera

«Potenziare l’agroindustria detassando le imprese della filiera. E occhio all’eco-sostenibilità» – Corriere della Sera

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diPaola Cacace

Un comparto dai numeri forti. Esperti a confronto nel webinar del Corriere del Mezzogiorno

Trasformazioni demografiche e di consumo. Qual è il futuro dell’agroalimentare? Di certo quello di un sistema da ricalibrare sulle nuove esigenze e tendenze ma in cui l’Italia, il Sud e la Campania hanno la possibilità di essere protagonisti. A patto di raccogliere la sfida in «tempo utile». È stata questa “sfida” il filo conduttore del webinar Campania Felix? Le prospettive di sviluppo del settore agroalimentare in Campania , organizzato dal Corriere in collaborazione con Sorì Italia e il Pastificio Ventigrani, e trasmesso ieri sul sito di Corriere e sulla pagina Facebook del giornale (dove si può ritrovare) a cui, coordinati dal giornalista e critico enogastronomico, Gimmo Cuomo si sono confrontati sul tema esperti d’eccezione.

«Senza dubbio ci sono dei trend da considerare, come quello che vede le platee più giovanili scegliere una dieta sempre più vegetale, poi va considerata la crescita demografica globale e la digitalizzazione che trasforma anche la visione del cibo. Senza dubbio il filo conduttore però deve essere quello dell’obiettivo 12 di Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, quello del consumo e produzione responsabili che ci deve far ripensare il nostro food system », ha spiegato Maria Teresa Cuomo, docente di Economia e Gestione delle imprese presso l’Università degli Studi di Salerno e direttrice scientifica del Macref, il laboratorio scientifico dell’ateneo salernitano di Management della comunicazione e della Reputazione del food wine.

Partiamo da qualche numero per far capire l’impatto ipotetico — ha spiegato la professoressa —: in Italia il 4% del Pil è prodotto dall’agroalimentare. Una percentuale che arriva al 4,5% per la Campania e senza dubbio il maggior contributo è quello dell’industria trasformativa. Mentre l’agricoltura propriamente detta mostra ancora difficoltà operative, di innovazione e capitalizzazione». Ed è proprio l’innovazione, propedeutica spesso per la sostenibilità che può fare la differenza.

«La chiave di tutto è senza dubbio la sostenibilità», ha spiegato Antonello Sorrentino, ceo di Sorì Italia, realtà che opera nel settore caseario sin dal 1868 e che oltre che alla qualità fa molta attenzione al benessere animale e che ha raccontato l’impatto di un’azienda storica come la loro, giunta ormai alla quinta generazione, nel segno della sostenibilità.
«Siamo sempre pronti ad affrontare nuove sfide — ha detto Sorrentino — come abbiamo fatto durante il periodo Covid scegliendo di allargare il nostro business all’Horeca, o come stiamo facendo investendo in stabilimenti più ampi e sempre più green. I nostri impianti sono già a ridotto impatto di CO2 ma è un impatto che vogliamo ridurre sempre più. E lo facciamo da tempo con un packaging green, riciclabile».

Quella della filiera corta sembra essere una scelta vincente. Se ne dice convinto Agostino Romano, ceo di Società agricola Terre Romano da cui è nata, negli ultimi anni, Ventigrani specializzata nella produzione di pasta che punta su ecosostenibilità al 100%, dal packaging fino all’uso di rinnovabili. «Diventare green non è facile ma non si possono accettare compromessi. Eppure, in questo la filiera corta aiuta, garantendo più qualità e meno emissioni legate spesso alla logistica. E così la nostra scelta è stata di investire in energie rinnovabili, che hanno fatto la differenza abbattendo i costi, per garantire un processo più responsabile dalla coltivazione alla pastificazione fino alla lenta essiccazione».

Il packaging è fondamentale visto che crea un indotto non da poco come ha raccontato Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav, l’Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali, concentrandosi in particolare su una vera eccellenza: la produzione di pomodoro.
«È stato l’elemento centrale della nostra cucina e forse uno dei primi veicoli della globalizzazione durante le emigrazioni degli italiani negli Usa. Ma è soprattutto un vero traino del nostro tessuto produttivo che genera anche un indotto importante, quello dell’industria meccanica come per packaging e affini. Un numero su tutti: considerate che in Campania sono stampate 385 mila chilometri di etichette per lattine di pomodori; un po’ di più della distanza terra-luna».

Svolta green nella cucina stellata del pluristellato Don Alfonso 1890 dove Ernesto Iaccarino, «economista per studi» e chef per passione — e in qualche modo per Dna, visto che è il figlio di Alfonso Iaccarino — ha fatto una scelta ben netta. «Abbiamo optato per metodi tradizionali che limitassero il più pogli sprechi; eliminare la plastica; usare energia elettrica autoprodotta e impianti per il recupero dell’acqua. Ma soprattutto se è vero che il mio sogno, un Paese bio, è un’utopia di certo l’agroalimentare va ripensato a partire dalla filiera corta e dalla valorizzazione delle eccellenze. Magari iniziando dalla detassazione per dare più chance all’agricoltura di crescere» .

28 giugno 2024

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June 28, 2024 at 11:01AM

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