Coldiretti, Agroalimentare da difendere. Prandini: “Servono più fondi e maggior reciprocità nelle regole” – business24tv.it

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Coldiretti ha da poco compiuto ottant’anni e ancora combatte su tanti fronti: la sostenibilità e la reciprocità nel trattamento delle imprese agricole, sempre a fianco di quelle italiane, come specifica più volte il presidente nazionale Ettore Prandini. A poche settimane dalle elezioni europee, tutti quei temi, che hanno mobilitato gli agricoltori in tutta Europa, portando con decisione le loro dimostranze guidando i loro trattori, per cui sono rimasti famosi, tornano di strettissima attualità. Perché le sorti di Bruxelles riguardano da vicino quelle dell’agroalimentare italiano e delle nostre imprese.

Negli studi di Business24tv di Roma il presidente di Coldiretti torna a dialogare su questi e altri temi con il nostro direttore editoriale Matteo Vallero.

Presidente partiamo subito con la protesta degli agricoltori, avete portato le vostre richieste in Europa con forza. Ci spiega cosa chiedete e a che punto siamo con le risposte?

«La protesta nasce più di un anno e mezzo fa su alcuni regolamenti che rischiano di impattare in modo significativo sulla vita delle nostre imprese e soprattutto nel delocalizzare tante attività dell’intera filiera agroalimentare. In quei Paesi, in cui le norme non vengono rispettate, i dati delle emissioni sono, ad esempio, il doppio rispetto a quelle permesse dall’Ue. Abbiamo portato all’attenzione qualcosa, che secondo noi mancava a livello europeo. Sotto questo punto di vista abbiamo ottenuto il ritiro di una normativa che avrebbe portato a perdere il 30% della capacità produttiva nel nostro Paese: gli agro farmaci e la riforma del packaging che oggi non sono risolte al 100% ma almeno siamo riusciti a farle modificare, per evitare che ci sia uno spreco di cibo, un aumento per cittadini e consumatori. Come favorire l’uso di plastiche biodegradabili e portare a conoscenza riguardo cosa può offrire l’intera filiera agroalimentare».

La commissione europea punta con decisione al Green New Deal. Qual è il ruolo per la nostra agricoltura anche in funzione della nuova Pac?

«La politica agricola comune è stata pensata sin dalla nascita in termini di aiuto al reddito economico degli imprenditori agricoli, e deve continuare a mantenere questa finalità, perché si è anche tradotto in un minor costo per cittadini e consumatori, ma contestualmente ci sono nuove iniziative e sfide per l’ambiente in cui viviamo, e mi piace sottolineare che gli agricoltori sono i veri custodi del territorio dove si vive. Per tutto questo c’è bisogno di nuove risorse da stanziare così come accade per altri settori produttivi. Se si parla di innovazione, ambiente e sostenibilità dobbiamo aggiungere nuove risorse. Partendo proprio dal lavoro degli agricoltori e non contro di loro».

Sostenibilità e innovazione sono sempre più parole-chiave per l’evoluzione del sistema agricolo e agroalimentare. Presidente ci spiega come si sta muovendo la sua organizzazione per raggiungere questi obiettivi?

«Stiamo investendo in modo significativo in formazione. Purtroppo il nostro Paese non si distingue in termini di lungimiranza in questo: se pensiamo alle ultime finanziarie i tagli sono sempre legati a formazione, scuole e sanità. Perché appaiono come un costo e non, come in realtà sono, un investimento. Altre azioni devono essere fatte dall’Europa, ad esempio per i regolamenti ci deve essere reciprocità, ovvero regole che devono valere per tutti. Viviamo una forma di concorrenza sleale al momento, imponiamo regole estremamente rigide alle imprese italiane e poi importiamo prodotti che permettono agrofarmaci, da noi vietati da oltre 40 anni, classificati come pericolosi. L’Italia, sotto questo punto di vista, ha un primato assoluto, solo lo 0,5% di prodotti prima di essere immessi in commercio vengono identificati come possibili pericolosi, per delle tracce di residui di trattamenti rimasti dall’attività agricola. Parliamo del 10% in meno rispetto a altri prodotti che troviamo già classificati sugli scaffali».

L’intervista completa a Ettore Prandini (Presidente nazionale Coldiretti) andata in oda sul canale 410 del digitale terrestre

L’Agenzia europea per l’ambiente avverte che a causa del cambiamento climatico il Mediterraneo sarà sempre più colpito da ondate di calore e siccità, con uno spostamento verso nord delle coltivazioni. Inoltre, la crescente tropicalizzazione del clima sta portando all’intensificarsi di fenomeni meteorologici estremi. Le ripercussioni sono importanti per l’Agricoltura, a quanto ammontano i danni e cosa si sta facendo per contrastare questo fenomeno?

«Due dati 2022 e 2023. Il 2022 i danni della siccità, mai vista in modo così significativo nel nostro Paese, hanno raggiunto i 6 miliardi di euro per l’intera filiera agroalimentare e lo scorso anno i  i 6,5 miliardi, hanno stabilito un record assoluto per danni subiti dalle imprese per una situazione diametralmente opposta, bombe d’acqua e alluvioni. Ricordiamo quello che è avvenuto in Emilia Romagna, nelle Marche e in Toscana. La proposta di Coldiretti è utilizzare strumenti come la centrale metereologica, oggi in Emilia Romagna che ci consentirà nei prossimi anni di avere una lettura in tempi adeguati sul rischio meteorologico che può colpire le imprese agricole. O l’utilizzo di droni, satelliti, agricoltura di precisione, che ci possono aiutare per quanto riguarda il cambiamento climatico e l’ulteriore sostenibilità da parte delle nostre imprese. Anche se, mi piace sottolineare, che oggi l’agricoltura italiana è la più sostenibile a livello globale. Ma l’Italia può fare qualcosa in più, visto che altri Paesi ci stanno superando: la realizzazione di bacini di accumulo, Francia e Spagna che erano al nostro livello fino a 10 anni fa, oggi rispettivamente trattengono la prima il 37% e la seconda il 28% noi esattamente come allora tratteniamo solo 11% di acqua piovana. Questa diventerebbe una risposta nella produzione idroelettrica e quindi anche in tema di energie rinnovabili e si eviterebbero smottamenti di alta collina e montagna, o noi siamo in grado di trattenere questa acqua, altrimenti se la gestiamo come qualche anno fa, ci mettiamo nelle condizioni di andare incontro, non solo a ingenti perdite economiche ma anche in termini di vite umane».

Il Made in Italy e tutte le iniziative che sono scaturite dalla celebrazione della giornata nazionale del 15 aprile. Cosa ne pensa e su cosa bisognerebbe puntare maggiormente?

«Il made in Italy oggi va preservato rispetto agli attacchi continui che arrivano dalle falsificazioni dei nostri prodotti, con la registrazione dei marchi DOP. Solo l’Italian sounding vale esattamente il doppio di tutto quello che esportiamo di vero prodotto agroalimentare italiano. Lo scorso anno abbiamo raggiunto il record storico di 64 miliardi di euro e i primi mesi del 2024 ci tornano a dare una crescita significativa, in doppia cifra rispetto all’anno precedente, nonostante tutto ciò, l’italian sounding vale 120 miliardi. Il valore complessivo della filiera agroalimentare con tutti i soggetti che lavorano e sono a stretto contatto con le nostre imprese oggi supera i 620 miliardi di euro siamo tra le prime voci di pil per il paese Italia, l’agroalimentare è la prima voce per importanza per esportazioni dell’Europa e per l’Italia continua a contraddistinguersi per la crescita significativa. Ma non ci vogliamo accontentare, se saremo in grado di utilizzare bene tutte le risorse: quelle del Pnrr, per quanto riguarda la logistica del trasporto su gomma e su rotaie e trasporto marittimo, che consideriamo siano le vere autostrade del futuro l’Italia, le potenzialità di crescita sono particolarmente rilevanti. L’Italia è la più importante rispetto agli altri stati membri perché tutti i consumatori ci richiedono continuamente prodotti italiani».

Lei ha definito il Sud come la California per il rilancio del Paese?

«Negli anni abbiamo assistito a diversi tentativi di industrializzazione del Sud, senza ottenere risultati, perché le aziende prendevano i contributi poi lasciavano l’impresa, con danni sociali e sulle aspettative della cittadinanza. Nel Sud si è perso di vista quello che lo poteva caratterizzare, creando dei meccanismi per cui ci fosse attenzione in termini di innovazione per la filiera agroalimentare, abbinata al settore del turismo, in modo da non far vivere quei territori solo per poche settimane all’anno ma almeno per 9 mesi. Questo avviene già nel sud della Spagna e l’Italia non ha nulla da invidiare a nessuno. La bellezza paesaggistica del nostro Paese, la cultura, i monumenti che il mondo ci invidia, se uniamo tutto questo al valore della nostra filiera agroalimentare nessuno ci può battere. Significa creare un indotto che dà certezze a chi vive nel nostro Mezzogiorno senza avere il bisogno di doversi trasferire altrove, creando un calore aggiunto per il territorio stesso. Soprattutto si tratta di un investimento lungimirante, perché nei prossimi anni il Mediterraneo sarà uno dei luoghi con i maggiori scambi commerciali. Se sviluppiamo il nostro Sud e facciamo diventare i suoi porti delle piattaforme per connessioni con i continenti, gli scambi commerciali saranno innumerevoli. E’ un valore aggiunto e, dico di più, se non lo faremo noi, lo faranno gli altri e questa sarà l’ennesima occasione persa per l’Italia».

Stagione estiva e vacanze, in moltissimi scelgono sempre più spesso gli agriturismi per trascorrere giorni di relax all’insegna del benessere anche alimentare. Quali sono i numeri che ha Coldiretti in merito e perché, secondo lei, ci si orienta sempre di più verso questa scelta?

«Un terzo dei turisti che vengono da altri Paesi scelgono i territori delle aeree interne per abbinare al turismo un’esperienza enogastronomica. Questo ci dà la possibilità di preservare territori, grazie agli agriturismi. Anche se abbiamo bisogno di infrastrutture immateriali se vogliamo essere sempre più attrattivi e far conoscere tutti i nostri territori. Parlo di portare elementi di interconnessione, sempre più richiesti da quei turisti che scelgono questi posti, fondamentale perché ritornino. Gli agriturismi diventano un’offerta alternativa sempre più valida perché sono in grado di valorizzare la biodiversità di cui l’Italia è padrona. Un dato su questo, in una superficie minima di terreno coltivabile dello 0,2/0,3% abbiamo più del 65% della biodiversità che c’è nel mondo. Come Coldiretti abbiamo anche una seconda finalità, quella di evitare lo spopolamento delle aeree interne, perché si tratta di un patrimonio che non possiamo perdere e che dobbiamo regalare alle future generazioni, portando però gli strumenti innovativi e nuove forme di comunicazione legate anche al turismo. Servizi che spesso purtroppo mancano».

Lungimiranza e visione: può essere sintetizzata così la strategia della Coldiretti, che su molti fronti ha anticipato i tempi, come l’impegno per la valorizzazione del Mezzogiorno e la sua visione all’avanguardia delle proposte e opportunità per queste terre che possono traghettare l’Italia un passo avanti, come spiega il presidente Prandini, sempre pronto a scommettere per mestiere sulle qualità e eccellenze dell’Italia tutta anche di quei territori più remoti che tanto però possono offrire in termini di biodiversità.

June 29, 2024 at 11:26AM

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