L’insostenibile mantra della sostenibilità per le pmi – Start Magazine

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Che cosa si scopre leggendo il documento di consultazione del Mef "Il dialogo di sostenibilità tra pmi e banche". Il corsivo di Liturri

 

Se col tema della “sostenibilità” (qualsiasi cosa, cioè tutto e niente, voglia dire) è stato deciso di dare l’ennesimo colpo alla competitività delle nostre pmi, allora bisogna dirlo chiaramente.

L’ultima trovata sono le 85 pagine delle linee guida sul dialogo di sostenibilità tra pmi e banche, che il Mef ha posto in consultazione in settimana.

Un documento che individua 45 indicatori con i quali costruire la “carta d’identità verde” (sic!) delle aziende. L’acronimo Esg viene declinato in tutte le sue tre articolazioni. I classici temi ambientali, col connesso rischio legato al cambiamento climatico, i rifiuti, le discriminazioni retributive di genere, il codice etico, la sicurezza sul lavoro, ecc…

Alle pmi viene “richiesto gradualmente di comunicare al mercato (banche, investitori e grandi imprese) informazioni sulle loro performance di sostenibilità, intese come le informazioni che attengono agli impatti, ai rischi e alle opportunità legati alle ricadute ambientali, sociali e di governance (ESG) delle loro attività. Il contesto normativo europeo, profondamente rinnovato nell’ultimo decennio […], richiede infatti che le imprese di maggiori dimensioni e le istituzioni finanziarie dispongano di informazioni di sostenibilità relative alla loro catena del valore; informazioni per le quali sarà necessaria la cooperazione da parte anche delle pmi”.

Ma perché tutto questo?

“A fronte di questo sforzo, le pmi potranno ottenere significativi benefici. Grazie alla disponibilità di queste informazioni esse potranno misurare più accuratamente i rischi e pianificare meglio gli investimenti; avere un miglior accesso a finanziamenti, con minor costo e maggiori agevolazioni; rafforzare la capacità di resistere a shock energetici e ambientali; offrire prodotti e servizi più sostenibili, rafforzando il posizionamento competitivo”.

Ma qualche imprenditore – o anche semplicemente una persona che usi il buon senso – riesce a restare serio, dopo aver letto questa lista di benefici? Davvero qualcuno potrebbe crederci?

Per “facilitare” lo sforzo informativo a carico delle pmi, alle microimprese è stato gentilmente “concesso” di concentrarsi su 17 indicatori ad alta priorità.

La cosa tragicomica è che questo patrimonio informativo, ci fanno sapere dalle colonne del Sole 24 Ore, “orienterà in misura crescente i comportamenti di mercato e di accesso al credito”. E chi l’ha detto? Obiettiamo noi. “Chi si farà trovare pronto appare destinato a ottenere un accesso più facile al credito, mentre gli altri rischiano di veder lievitare i costi del finanziamento e in prospettiva di andare incontro a forme di razionamento del credito”.

Ah, quindi apprendiamo con stupore che sono cambiate le regole della finanza e dell’economia aziendale.

Non si valuta più il cash flow ma le chiacchiere sulla sostenibilità, la cui misurabilità è scritta sulla sabbia? Non appagati, dal Sole ci fanno sapere che non c’è una “scadenza fissata da una norma” ma “esistono dinamiche generali di mercato che si sviluppano in modo molto più cogente di tanti termini scritti nelle leggi”.

E noi, retrogradi, che riteniamo cogente solo ciò che è scritto nei Codici e nelle Leggi e che crediamo appartenga alla sfera della libertà d’impresa l’adozione di comportamenti e strategie finalizzati a valorizzare ulteriormente aspetti sociali, di governance, o ambientali o qualsivoglia altro fattore fonte di vantaggio competitivo.

Che invece qualcuno vuole codificare e imporre con regole definite al di fuori del circuito democratico. Facciano un partito, si facciano eleggere e facciano approvare questi espropri di libertà in Parlamento. Per il momento, Vade retro.

June 30, 2024 at 10:09AM

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