Bilancio di sostenibilità, i revisori al governo: «Sanzioni proporzionate e chiari standard di valutazione» – Corriere della Sera

Bilancio di sostenibilità, i revisori al governo: «Sanzioni proporzionate e chiari standard di valutazione» – Corriere della Sera

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Il governo sta lavorando per recepire su scala nazionale le nuove regole europee sui bilanci di sostenibilità. Per l’Associazione dei revisori (Assirevi) servono accorgimenti su sanzioni e parametri di valutazione

Entro il mese di luglio dovrebbe essere approvato lo schema di decreto legislativo che recepisce la direttiva europea sul Corporate sustainability reporting (Csrd, direttiva Ue 2464 del 2022). Già deliberato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 10 giugno, nelle prossime settimane terminerà il suo iter nelle Commissioni di Camera e Senato, per poi tornare al governo per l’ok definitivo. La normativa imporrà alle imprese nuove regole di rendicontazione per la sostenibilità applicabili a partire dai report che saranno pubblicati nel 2025 (relativi all’esercizio 2024). 

Il bilancio di sostenibilità

Lo schema di decreto rafforza ed estende gli obblighi legati alla rendicontazione di informazioni non finanziarie già imposti alle imprese con il decreto 254/2016 che ha recepito la Non financial reporting directive (Nfrd) del 2014. Il bilancio sostenibile si inserisce nel progetto di transizione verde delle imprese, una transizione che per l’Ue ora deve trasparire anche dai conti. È da leggersi quindi a integrazione di misure come l’Accordo di Parigi del 2015, del Sustainable Action Plan del 2018 e del Green deal europeo del 2019. 

La novità del 10 giugno 

Con il provvedimento, che deve ancora essere approvato in via definitiva, gli obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità si applicano non più alle sole imprese quotate di grandi dimensioni, per cui erano già previsti, ma anche alle piccole e medie. Sono escluse soltanto le microimprese. Riguardo alla platea di destinatari, di fatto uno dei grandi cambiamenti rispetto alla Nfrd è che alla rendicontazione non finanziaria sono soggette anche le aziende con meno di 500 dipendenti. Tra le principali novità dello schema di decreto c’è poi l’introduzione del principio della doppia materialità, in base al quale viene richiesto di rendicontare sia l’impatto delle imprese sulle questioni ambientali, sia il modo in cui questi aspetti incidono sulle performance delle aziende. Non sono ancora stati definiti però per i diversi settori di riferimento parametri specifici per la rendicontazione di varie informazioni e per gli addetti ai lavori il disegno delle sanzioni presenta ancora alcune criticità. Al superamento di questi limiti stanno lavorando le Commissioni Parlamentari, che hanno coinvolto nei tavoli di lavoro le Associazioni professionali tra cui Assirevi, a cui aderiscono le principali società di revisione per cui operano circa 8 mila professionisti. Ai revisori spetta infatti l’onere di rilasciare una attestazione anche sulla nuova rendicontazione di sostenibilità.

I punti critici e le richieste dei revisori 

I punti principali su cui si soffermano le istanze dei revisori riguardano le difficoltà connesse all’assenza, in questa prima fase, di standard declinati sulle specificità dei singoli settori e di perimetri definiti per i controlli sulle catene del valore, nonché all’ampiezza degli orizzonti entro cui le aziende devono elaborare i loro piani di sostenibilità. Infine, la categoria ha manifestato l’esigenza di trattamenti sanzionatori proporzionati e coerenti tra loro. «Il report di sostenibilità di una banca non è uguale a quello di una società di estrazione mineraria – spiega il presidente dell’associazione delle società di revisione Gianmario Crescentino – Urge la necessità di stabilire parametri più specifici mediante idonei standard settoriali, anche al fine di rendere maggiormente comprensibili gli standard generali fin qui pubblicati dalla Commissione Europea».

Gli altri punti critici

Gli angoli da smussare nella nuova normativa per Assirevi si trovano poi anche nella valutazione di impatto ambientale, che il governo chiede alle aziende di per l’intera filiera. «Bisognerebbe individuare i limiti entro cui ricostruire i criteri Esg della catena del valore. Le imprese (e i loro revisori) possono anche verificare alcuni anelli di questa catena – dice Crescentino – ma non possono intervenire sulla completezza o sull’attendibilità delle informazioni dei fornitori e dei soggetti giuridici che non rientrano nel perimetro di consolidamento». Il terzo punto riguarda i piani strategici pluriennali. La sostenibilità è un mondo in continua evoluzione, il timore dei tecnici è che piani a medio o lungo termine siano per forza di cose assai difficili da verificare. «Una pianificazione di sostenibilità a 10 o 20 anni contiene un inevitabile grado di aleatorietà. Il rischio è di ritrovarsi comunicazioni destinate in un prossimo futuro a essere smentite perché troppo previsionali». Su questi temi, per Assirevi, occorrerà lavorare soprattutto in prospettiva. «La prima applicazione del decreto riguarderà un numero limitato di grandi società già soggette agli obblighi della Nfrd, ma in futuro bisognerà fare riflessioni di sistema». 

Le sanzioni

Le preoccupazioni maggiori dei tecnici riguardano comunque le sanzioni. Al momento, il decreto 254/2016 di recepimento della Nfrd, prevede ripercussioni amministrative per amministratori e sindaci, da 20 mila a 100 mila euro, tra l’altro, per il mancato deposito della dichiarazione non finanziaria, ma anche sanzioni da 50 mila a 150 mila euro per dichiarazioni non finanziarie non veritiere (fattispecie che può far incorrere anche in conseguenze penali). Prima che lo schema di legge approdasse all’esame delle Commissioni parlamentari, Abi, Ania, Assonime, Confindustria, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e Revisori Contabili e Assirevi avevano indirizzato al governo una lettera congiunta per chiedere una revisione del regime sanzionatorio previsto in una prima fase per amministratori, componenti dell’organo di controllo e revisori. 

Le richieste

Le richieste sono state accolte, ma a metà. Il governo, per esempio, ha inserito – come emerso dai tavoli di lavoro – la possibilità di considerare le procedure adottate dall’organo amministrativo della società per la redazione della rendicontazione di sostenibilità tra i parametri che incidono sul regime sanzionatorio. «Ci sembra un ragionamento condivisibile – dice Crescentino – perché premia le aziende virtuose». Tra i parametri idonei a incidere sulla tipologia e sull’entità delle sanzioni applicabili agli amministratori rientra anche il caso di informazioni erroneamente comunicate o omesse da parte di altre imprese della catena del valore. Lo schema di legge prevede poi, per i primi due anni dall’entrata in vigore, una riduzione dell’ammontare applicabile ad amministratori e collegi sindacali. Queste regole non sono però previste per i revisori. «Riteniamo che il governo debba intervenire – spiega il presidente di Assirevi – altrimenti si creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra le società e gli organi di amministrazione e controllo, da un lato, e i revisori e le società di revisione incaricate dell’attestazione sulla rendicontazione della sostenibilità, dall’altro».

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